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Con l’Associazione a intavolare andiamo a comandare

SI FA PRESTO A DIRE ASSOCIAZIONE

L’associazionismo ludico è un problema per il mondo del gioco da tavolo. La maggior parte delle associazioni è composta da giocatori invasati che cercano costantemente di reclutare nuovi adepti, snobbando tutti quelli che poveri sfigati hanno un orizzonte ludico limitato a vecchi titoli. La “catarsi” del futuro giocatore deve passare tramite il rinnegamento di Risiko e Monopoli e l’adorazione di titoli come Caverna, Puerto Rico, Ticket to Ride, ecc; in questi covi nerdosi non c’è spazio per alcuna tolleranza e, spesso, più che “avvicinare le persone” l’effetto è quello di allontanarle. Le associazioni sono anche una delle principali cause di “mercato nero” dei giochi da tavolo: la maggior parte di esse vende giochi da tavolo, eludendo qualsiasi tipo di controllo fiscale e danneggiando i negozi fisici.

Va bene, adesso posso iniziare a parlare seriamente: il primo paragrafo, insieme al titolo, è soltanto per quei lettori che parlano a cazzo senza neppure finire di leggere un po’ distratti che spesso tralasciano qualche passaggio. Come dicevo, penso che un “sano” associazionismo ludico sia molto utile per lo sviluppo del mondo dei giochi da tavolo.

Qualche anno fa, dopo aver terminato lo spazio in casa “omologato” per giocare “da tavolo”, con altri cinque amici decidemmo di costituire un’Associazione Ludica. Che cosa c’è di nuovo? assolutamente nulla! è esattamente ciò che accade (ed è accaduto) nella maggior parte dei casi. Prima di procedere con il “grande passo”, ed evitare sterili sovrapposizioni, ci guardammo un po’ intorno per capire che cosa offrisse la nostra città, la risposta fu: “non c’è nulla di simile a ciò che vogliamo realizzare”. C’era (e c’è ancora) un’altra associazione “storica” ma era più focalizzata verso altri tipi di giochi da tavolo, con un posizionamento differente e abbastanza selettiva (non è un giudizio, è una semplice constatazione).

Il primo obiettivo era molto semplice: offrire la possibilità, almeno una sera alla settimana, di poter giocare da tavolo a chiunque fosse interessato. Il primo passo fu cauto e ragionato poiché dovemmo decidere quale tipo di associazione volevamo costituire: un’associazione informale oppure una registrata all’AE con codice fiscale? Un’associazione “ad personas” oppure una con una governance trasparente? Optammo per un’Associazione di Promozione Sociale (APS), ovvero con uno statuto standard (che, in termini di governance, garantisce la massima trasparenza e partecipazione dei soci) e registrata all’Agenzia delle Entrate (per avere il codice fiscale). Poi fissammo degli obiettivi S.M.A.R.T (chiari, misurabili, realizzabili, realistici e basati sul tempo) da raggiungere nel primo anno. Infine cercammo, fin da subito, di “osservare” il modo di lavorare (e lo “stile”) di altre associazioni ludiche per cercare di identificare (e replicare) le eventuali best practices. Sintetizzando, abbiamo provato ad applicare ad una passione un approccio “professionale”. Questo ci ha garantito un 10% di possibilità di riuscita; poi c’è stato un 20% di effetto culo fortuna; il restante 70%, che ci ha permesso di arrivare all’inizio del quarto anno di vita, è tutto merito degli appassionati che hanno deciso di unirsi all’associazione. A fare la differenza, nel bene o nel male, sono sempre le persone.

La forma associativa che abbiamo scelto è la migliore in assoluto? ovviamente no, poiché molto dipende anche “dalla sostanza”.Se “forma” e “sostanza” non sono allineate, c’è un problema. In Italia abbiamo  sia l’esempio concreto di come una “dittatura illuminata” (da parte di un triumvirato ludico) possa continuare a crescere per vent’anni (e meno male!) contribuendo, nei fatti, ad espandere, migliorare e coltivare il mondo dei giochi da tavolo definendone il baricentro (ma distribuendosi su tutta la penisola); sia l’esperienza trentennale di una realtà “democratica”, mediaticamente poco appariscente e fortemente radicata nel luogo d’origine, che ha continuato a lavorare, dal basso, fino a regalarci “la PLAY” (standing ovation!). Indipendentemente dalla “forma”, entrambe queste realtà continuano a contribuire, fattivamente, all’evoluzione del mondo del gioco da tavolo. Se in futuro continueranno a farlo ciò dipenderà dalla loro capacità di evolvere e di interpretare correttamente opportunità e minacce (evito di tediarvi con una SWOT Analysis completa) Sono le uniche? ovviamente no.

Nella galassia dell’associazionismo ludico ci sono realtà estremamente differenti, incluso qualche “buco nero”. Senza entrare nei dettagli dei “benefici privati del controllo”, c’è anche chi crea associazioni inseguendo le leggende metropolitane  del “foraggiamento gratuito” da parte degli editori, per scopi privati non meglio identificabili. C’è anche molta “impreparazione”, basti pensare al fatto che molti ignorano che un’associazione possa avere la possibilità di svolgere “attività commerciale” (con regime fiscale dipendente dal tipo di statuto), oppure che confondono l’avere “la cassa positiva” a fine anno con l’impossibilità di avere “fini di lucro”. Ovviamente qualcuno può anche essere in malafede.

Tornando alla mia semplice esperienza, sono contento che nella mia città ci sia ANCHE questa nuova realtà; non è l’unico posto dove ci si possa sedere al tavolo e giocare, ma è un posto in più. E’migliorabile? ovviamente sì. Durerà negli anni? non lo so. Penso che, periodicamente, un’associazione dovrebbe “rimappare” i bisogni ricercati dei soci per mantenere una “proposta di valore” coerente.  Le associazioni hanno dei cicli vitali molto delicati e spesso ci si dimentica che anch’esse, al pari degli associati, hanno dei bisogni che devono essere soddisfatti affinché ne sia garantita, sul lungo periodo, la sopravvivenza.

Concludo con un’ultima considerazione. Le associazioni sono sempre fatte di persone e le persone hanno competenze e qualità differenti,  è sempre un peccato quando esse, se fattivamente disponibili,  non vengono valorizzate.

Buon gioco a tutti.

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